E’ un infuso creato per i momenti dedicati all’immaginazione e alla meditazione.
Una tazza regala ai 5 sensi l’intenso aroma amaricante dei fiori di achillea, ammorbidito dalle note balsamiche dei fiori di monarda e dall’abbraccio persistente dalla menta Forta, coltivati e raccolti nella Valle del Vanoi, in Trentino.
Ogni componente è essiccato e conservato a foglia o fiore intero per preservarne fragranza, proprietà organolettiche e principi attivi.
I processi di conservazione sono svolti in atmosfera protetta, per proteggere l’integrità della miscela dall’ossidazione e dall’umidità.
Tutti i passaggi delle filiera, dall’orto alla confezione, sono eseguiti manualmente.
Il raccolto dell’annata è confezionato in lotto unico, a edizione limitata e numerata.
Troviamo la menta associata a usi terapeutici già nell’Antico Testamento e da allora è stata alleata della medicina popolare e poi della scienza ufficiale con moltissimi impieghi quali disinfettante, antibatterica, digestiva, carminativa, rinfrescante, tonificante, dissetante e analgesica.
Principalmente e inconfondibilmente apprezzata per il suo profumo ha trovato un suo ruolo anche…
Per la tradizione popolare locale, l’infuso costituiva il medicamento per qualsiasi disturbo dell’apparato digestivo o della sfera femminile.
All’achillea rosa erano attribuite maggiori proprietà benefiche rispetto a quella bianca, ma i botanici smentiscono questa credenza affermando che la colorazione dei petali varia a seconda della composizione del terreno e non ha relazione con i principi attivi…
I fiori di monarda sono ricchi di oli essenziali, quali le antociadine come la monardina, e di fenoli tra cui il carvacrolo e il timolo.
Questi principi officinali sono declamati per le loro proprietà antivirali, utili in caso di raffreddamenti e sintomi influenzali, problemi infiammatori del cavo orale, digestivi e diuretici. Svolgono inoltre un’azione neurotonica e rivitalizzante, valido aiuto nei momenti di stress psico-fisico…
La Valle del Vanoi, Trentino sud orientale, è una vallata incastonata tra le Dolomiti e l’incontaminata catena montuosa del Lagorai, una delle aree più vaste e meno antropizzate dell’arco alpino. La sua collocazione remota e le strette e disagevoli strade da percorrere per raggiungerla, l’hanno preservata dai flussi turistici e dal conseguente avvento di infrastrutture.
L’isolamento geografico, senza dubbio, ha contribuito alla salvaguardia della varietà degli habitat e delle specie spontanee, conservandone la ricca biodiversità. D’altro canto, tale situazione, ha determinato nel corso dei decenni un progressivo e inesorabile spopolamento.Queste premesse costituiscono i principali motivi che mi hanno portato ad avviare l’attività nella Valle del Vanoi, contesto territoriale che conosco bene e che garantisce di perseguire i miei fini colturali nelle condizioni ambientali migliori.
Il territorio, privo di impianti industriali, coltivazioni estese o intensive, non espone gli orti e i raccolti a contaminazioni di sostanze per diserbo di tipo volatile o inquinanti. Questo mi consente di beneficiare di numerose varietà che trovo allo stato spontaneo, da maggio a ottobre. I prati incolti, le fasce di verde che costeggiano i torrenti, i pascoli che si trovano oltre il limite della vegetazione boschiva, custodiscono un prezioso e ricco patrimonio di piante, fiori officinali e alimurgici, al quale ho la possibilità di accedere, con tatto e discrezione, per raccogliere primizie ed eccellenze.
I miei orti li tengo sott’occhio 12 mesi all’anno, in senso letterale, perché posso osservarli dalle finestre di casa mia. Sono due piccoli orti, ricavati sui pendii dei prati sottostanti e ben esposti al sole. Si trovano a circa 1000 m. d’altitudine, delimitati dal bosco e, alzando lo sguardo, si scorgono le Dolomiti con le Pale di San Martino, le Vette Feltrine e i massicci…
Tutte le operazioni di coltura le eseguo manualmente o meglio con la zappa, dalla preparazione del campo al sovescio e concimazione per iniziare il nuovo ciclo a primavera. La semina, i trapianti, la pulitura dalle erbe infestanti sono invece azioni che faccio con le mani. Gli unici fertilizzanti usati sono il compost ottenuto dagli scarti dell’orto dell’anno…
Le operazioni di raccolta, nell’orto e nei prati, sono effettuate nelle ore balsamiche, ovvero tra mezzogiorno e massimo le 16 delle giornate assolate, quando le piante si sono asciugate dall’umidità notturna e il calore del sole ne esalta i principi officinali. Molto spesso però la raccolta deve terminare verso le 14.30, per la quotidiana pioggia o il non raro temporale…
Ultimato il lavoro di raccolta all’aperto, i prodotti sono trasferiti nel mio laboratorio, uno stanzone piastrellato con all’interno una camera ermetica con pareti in vetro dedicata all’essiccazione, dotata di potente deumidificatore. Deposte sui tavoli le ceste, procedo con la cernita del prodotto raccolto: scarto le foglie rovinate, qualche filo d’erba intrufolato e qualche ragnetto o insetto…
Per garantirne la massima integrità nel tempo e prevenire tutti gli aspetti critici della giacenza del prodotto essiccato, presto la massima attenzione a tutti i passaggi della conservazione. A questo proposito mi sono rivolta al dott. Alessandro Bacci, responsabile Ricerca e Sviluppo di Medicair Food, con il quale abbiamo analizzato e messo a punto i passaggi per la…
Al momento della preparazione delle confezioni finali, le buste di stoccaggio distinte per varietà sono svuotate in ampie vasche per l’ultimo controllo visivo del prodotto e l’eventuale scarto di foglie e fiori non conformi.
Terminata l’operazione, miscelo con cura le tre componenti dell’infuso in un’unica vasca e inizio il confezionamento finale…
La tisana è una delle cose più semplici da fare ma è il contenuto dei fiori e delle foglie che la fa poi diventare un’azione complessa. L’aspetto più importante che mi ha attirato è quello visivo, perché i fiori e le foglie hanno mantenuto i colori originali in modo brillante e fresco. Questo è sinonimo di qualità di una produzione selettiva e curata.
L’occhio mi riporta a un giardino di montagna, dove mi immagino di camminare e di poter vedere la natura. Il secondo senso di questa tisana sfusa è l’olfatto, che all’apertura arriva intensa al naso ma non invadente e mi regala una sensazione di freschezza, essendoci le foglie di menta, e i fiori di achillea e monarda.
Dopo aver lasciato il contenuto della busta in acqua bollente per una decina di minuti, si possono già sentire diversi profumi che regalano momenti di relax e, con l’aggiunta di un cucchiaino di miele, si può bere a occhi chiusi e pensare di stare in compagnia della natura.
Non per ultimo il benessere che il corpo può ricevere bevendo la tisana con questi
elementi naturali. Sicuramente il successo è da attribuire alle mani sapienti di Adriana, che fra mille fiori e piante sa’ riconoscere quelli giusti, nei luoghi giusti e nei tempi giusti.
Assemblare foglie e fiori, creare un giusto equilibrio, conservarlo in un sacchetto trasparente e unire un foglietto dove si specificano notizie utili, è chiudere un cerchio sulla semplice ma complessa ricerca in natura.
Igles e Helga Corelli, con verità e amicizia
Mi chiamo Adriana, sono nata nella Valle del Vanoi e ci lavoro per scelta. Per tradizione familiare mi sono avvicinata al mondo delle erbe officinali e, nel tempo, queste conoscenze si sono trasformate in una passione cresciuta e ora maturata in una sorta di dichiarazione d’amore per il mio territorio.
Mi piace definirmi raccoglitrice. I saperi appresi dalle anziane del paese mi guidano nell’orto e nei luoghi del territorio più adatti alla raccolta delle piante spontanee.
Cerco quotidianamente un’armonia sempre più forte tra il mio fare e le singole piante che incontro, esplorando nuove sintesi tra i saperi della tradizione e le sempre rinnovate conoscenze scientifiche e tecnologiche nel campo del benessere e dell’alimentazione. Un percorso in cui le scoperte non finiscono mai.
Esistono circa 240 generi e più di 7000 specie di mentha. Pianta rustica e intraprendente, sembra che dall’area mediterranea si sia diffusa praticamente in tutto il mondo.
In Italia la si trova allo stato spontaneo a tutte le altitudini, ma nell’arco alpino sono registrare il maggior numero di specie. Caratteristica propria di tutte le mente è l’eccezionale capacità di ibridazione e la menta piperita, ibrido naturale tra mentha acquatica e mentha spicataè, non fa eccezione.
L’ibridazione, ovvero l’abilità di cogliere e unire le caratteristiche migliori di due piante distinte, dona alle nuove generazioni resistenza e quindi una straordinaria capacità di adattamento all’ambiente e ai suoi mutamenti.
Una pianta con così tanto fascino non poteva che avere le origini del suo nome nella mitologia greca. l suo nome sembra derivi da Mintha, una ninfa amata da Ade che cadde vittima della collera di Persefone che la trasformò in una creatura vegetale. Ade, mosso a pietà e in segno del suo amore, donò alla pianta un profumo intenso e penetrante per far in modo che non fosse mai dimenticata.
Troviamo la menta associata a usi terapeutici già nell’Antico Testamento e da allora è stata alleata della medicina popolare e poi della scienza ufficiale con moltissimi impieghi quali disinfettante, antibatterica, digestiva, carminativa, rinfrescante, tonificante, dissetante e analgesica. Principalmente e inconfondibilmente apprezzata per il suo profumo ha trovato un suo ruolo anche nel campo alimentare e cosmetico.
E’ ricca di flavonoidi, enzimi, polifenoli, tannini, vitamina C, sali minerali e olio essenziale di mentolo e mentone, principi che le conferiscono proprietà in grado di contrastare disturbi quali ansia, insonnia, tachicardia e conciliare la concentrazione e lo sforzo intellettivo.
La menta che coltivo è la menta piperita Forta. Forta è il nome che le ho dato perché il suo profumo intenso, pungente e ricco di oli essenziali ti fa pizzicare il naso e quasi lacrimare gli occhi semplicemente manipolandola.
La menta Forta è apparsa nel mio orto circa 8 anni fa. Certo avevo molte piante e varietà di menta, ma l’anno prima una così non me la ricordavo e quindi ho iniziato a osservarla: tardiva a primavera nello spuntare, sviluppo eretto, foglia lanceolata, lucida, verde nel centro con sfumature viola lungo le nervature e sui bordi.
Impassibile inoltre alle settimane di pioggia eccessiva, a quelle più calde e anche alle forti escursioni termiche di fine agosto e settembre. Impeccabile. L’ho scelta tra tutte le altre varietà, le ho lasciato spazio nell’orto e ora ne è la regina indiscussa.
L’achillea millefoglie è una pianta ampiamente diffusa su tutto l’arco alpino, tra i 500 e i 2000 metri d’altitudine. Rustica e dotata di grande capacità di adattamento climatico e idrico, ama i terreni incolti e le sterpaglie, purché ben esposti al sole.
Le sue infiorescenze possono variare dal bianco al rosa intenso Nella Valle del Vanoi molti prati un tempo dedicati all’allevamento bovino oggi non sono più utilizzati e l’azione di riappropriazione da parte del bosco offre all’achillea ampi e accoglienti spazi con fioriture da giugno a settembre.
I suoi principi terapeutici sono noti dall’antichità e la mitologia narra che Achille, il valoroso guerriero della guerra di Troia, si sia servito delle sue foglie per curare le ferite riportate in battaglia.
Da qui il nome, achillea, l’erba di Achille.
Per la tradizione popolare locale, l’infuso costituiva il medicamento per qualsiasi disturbo dell’apparato digestivo o della sfera femminile. All’achillea rosa erano attribuite maggiori proprietà benefiche rispetto a quella bianca, ma i botanici smentiscono questa credenza affermando che la colorazione dei petali varia a seconda della composizione del terreno e non ha relazione con i principi attivi.
Le sue foglie possiedono proprietà emostatiche e cicatrizzati ma la vera miniera di benefici la troviamo nel fiore, ricco di flavonoidi, polifenoli e oli essenziali quali terpeni e azuleni. All’infuso di fiori di achillea sono riconosciute proprietà digestive, stomatitiche, antispasmodiche, antinfiammatorie, depuratrici, regolatrici del sistema ormonale ed endocrino. È apprezzata per il suo sapore deciso e intenso nella preparazione di amari e liquori.
Anche gli ingegnosi monaci bavaresi se ne sono serviti per amaricare la birra nei barili prima di scoprire il luppolo.
La raccolta dell’achillea mi porta in luoghi isolati, impervi e silenziosi: tra gli sterpi le chiazze bianche delle fioriture solitamente si fanno vedere da lontano. Con l’uso di forbici raccolgo solo le sommità fiorite e le ripongo in ceste per il trasporto in laboratorio. Non tocco il resto della pianta che in un paio di settimane rigetterà nuovi fiori.
Osservando l’ardita tenacia che contraddistingue questa pianta mi viene il dubbio se non sia stato il prode eroe della mitologia greca a scegliere di portare il suo nome.
E’ originaria del Nord America dove era largamente impiegata dalle tribù dei nativi, in particolare dagli indiani Oswego, per la preparazione di un infuso aromatico e terapeutico a base di foglie essiccate.
I primi coloni notarono questa bevanda dall’aroma assimilabile al bergamotto e presto l’apprezzarono, iniziando a consumarla con il nome di Tè Oswego e portando nel vecchio continente sementi e piantine.
Il nome le fu dato in onore di Nicolás Monardes, medico, esploratore e botanico spagnolo, che nel 1500 inserì la monarda negli erbari della flora spontanea del Nuovo Mondo. Le piante arrivate in Europa, grazie alla spettacolarità delle fioriture, inizialmente trovarono collocazione nei giardini e come fiori decorativi.
In un secondo momento ne furono apprezzate le proprietà officinali non solo delle foglie ma anche dei fiori.
I fiori di monarda sono ricchi di oli essenziali, quali le antociadine come la monardina, e di fenoli tra cui il carvacrolo e il timolo. Questi principi officinali sono declamati per le loro proprietà antivirali, utili in caso di raffreddamenti e sintomi influenzali, problemi infiammatori del cavo orale, digestivi e diuretici. Svolgono inoltre un’azione neurotonica e rivitalizzante, valido aiuto nei momenti di stress psico-fisico.
La migrazione continentale ha comportato un cambiamento nello sviluppo vegetativo. Le piante che coltivo nel mio orto raggiungono altezze tra i 40 e i 60 centimetri, a differenza dei 100/120 delle antenate e ogni pianta riesce a produrre al massimo due fioriture. Il fusto spesso risulta fragile sotto il peso delle corolle fiorite e non di rado le piogge con vento le piegano compromettendone il raccolto.
Nella mia coltura ho dovuto scegliere in modo netto tra la raccolta dei fiori e quella delle foglie, non essendo sostenibile per la pianta la predazione di entrambi.
Ho scelto di raccogliere i fiori oltre che per i principi benefici, perché conferiscono all’infuso un profumo balsamico e una colorazione rossastra: forse un dettaglio dal punto di vista terapeutico ma gradevole apporto al momento della sua consumazione.
I miei orti li tengo sott’occhio 12 mesi all’anno, in senso letterale, perché posso osservarli dalle finestre di casa mia. Sono due piccoli orti, ricavati sui pendii dei prati sottostanti e ben esposti al sole. Si trovano a circa 1000 m. d’altitudine, delimitati dal bosco e, alzando lo sguardo, si scorgono le Dolomiti con le Pale di San Martino, le Vette Feltrine e i massicci della catena del Lagorai.
Le montagne, oltre a incorniciare il panorama, sono anche delle affidabili sentinelle che mi avvisano dei cambiamenti meteorologici in atto. Di fatto, il mio approccio all’orto e alle operazioni di raccolto è dettato essenzialmente dalle variabili meteo che, nella Valle del Vanoi, sono una costante quotidiana, non solo stagionale.
Le varietà utilizzate per la realizzazione di PRA’ DE L’AIA hanno in comune una grande adattabilità agli sbalzi climatici della montagna, sono perenni e sopravvivono alle temperature rigide dei mesi invernali.
Queste sono caratteristiche che ritengo importantissime per tutte le colture del mio orto perché garantiscono autonomia allo sviluppo vegetativo e rendono superflui impianti di irrigazione e procedure di diserbo o antiparassitarie.
Le piante lasciate in orto in autunno sopravvivono al freddo invernale senza l’ausilio di
serre. A primavera sono in grado di rigettare e riprodursi. Sono sufficienti semplici
operazioni di trapianto delle nuove piantine per rinnovare e ampliare l’area coltivata.
Le tre varietà sono mellifere, particolarmente care alle api ma anche ad altri insetti e
farfalle che frequentano regolarmente l’orto, assicurando quella corretta e costante
impollinazione dei fiori che è indispensabile alla salubrità della pianta e alla sua
propagazione.
Tutte le operazioni di coltura le eseguo manualmente o meglio con la zappa, dalla preparazione del campo al sovescio e concimazione per iniziare il nuovo ciclo a primavera. La semina, i trapianti, la pulitura dalle erbe infestanti sono invece azioni che faccio con le mani. Gli unici fertilizzanti usati sono il compost ottenuto dagli scarti dell’orto dell’anno precedente e i non radi “contributi” lasciati dai cervi di passaggio.
Non uso antiparassitari perché le varietà coltivate, ben adattate al tipo di terreno, alle condizioni climatiche e consociate con altre piante officinali, li rendono superflui.
Nei miei orti mi diletto a sperimentare la coltivazione di molte varietà officinali, melissa, malva, cataria, calendula, fiordaliso, lavanda, echinacea, issopo, ma le mie vere passioni sono la menta, l’achillea e i fiori di monandra, alle quali mi dedico da tempo e con le quali ho trovato un buona intesa. Non credo di essere una brava coltivatrice, perché penso che il mio orto abbia più cose da insegnarmi di quante ne possa sapere io.
I miei orti, agli occhi dei più, appaiono disordinati, ovvero seguono un loro ordine che non coincide con le forme predefinite dell’aiuola quadrata o rettangolare. Favorisco le consociazioni e non mi accanisco contro le erbe infestanti perché l’esperienza mi ha insegnato che è sufficiente una moderata sorveglianza e che anzi possono essere delle valide alleate nel mantenere un buon equilibrio nell’orto. Per esempio, nelle settimane calde di luglio un tappeto di cosiddette “erbe infestanti” garantisce una buona umidità alla monarda e mi evitano di dover innaffiare la sera. Nel corso degli anni ho imparato a osservare e assecondare il mio orto e sono stata gratificata da piante forti, sane, in grado di riprodursi e di regalare generosi raccolti.
Le operazioni di raccolta, nell’orto e nei prati, sono effettuate nelle ore balsamiche, ovvero tra mezzo giorno e massimo le 16 delle giornate assolate, quando le piante si sono asciugate dall’umidità notturna e il calore del sole ne esalta i principi officinali. Molto spesso però la raccolta deve terminare verso le 14.30, per la quotidiana pioggia o il non raro temporale.
È fondamentale raccogliere le piante officinali solo se ben asciutte per avere il meglio dal puntodi vista dei principi attivi, facilitare la cernita e garantire una buona conservazione.
Eseguo la raccolta a scalare, ovvero con tagli mirati alle parti mature della pianta, permettendo così la continuità vegetativa e quindi una migliore gestione degli sbalzi termici e idrici. Nel caso della menta, pianta cespugliosa e strisciante, taglio solo le cime, non intaccando il fusto portante che funge anche da radice aerea. Questo mi consente di raccogliere con continuità settimanale il meglio della pianta, da giugno a ottobre.
La fioritura della monarda si esaurisce tra luglio e agosto e la raccolta, effettuabile ogni 3 giorni, consiste nel cogliere i fiori che sbocciano sulla generosa corolla. La ricchezza degli oli essenziali contenuti nei petali impone una manipolazione delicata e il trasporto in piccoli contenitori per evitare l’alterazione del prodotto, soprattutto nelle giornate calde.
Un’importante aspetto del mio lavoro, consentito dall’ambiente in cui vivo, è la raccolta di erbe e fiori allo stato spontaneo, in prati e radure ai margini dei boschi, lontano dai centri abitati. Fiori di sambuco, fogliIe di lampone, timo serpillo, foglie d’ortica, bacche di ginepro e altre meraviglie che incontro passeggiando sui sentieri di mezza costa. A partire da giugno, mi dedico soprattutto alla raccolta dei fiori di achillea, che trovo nei prati incolti, lungo i torrenti tra i 1000 e i 1500 metri di altitudine. Negli ultimi anni ho favorito lo sviluppo di cespugli di achillea anche ai margini dell’orto, ma la maggior parte dei fiori sono raccolti allo stato spontaneo e questo mi permette un’ampia scelta per ottenere la massima qualità del prodotto.
Tutte le varietà raccolte negli orti e nei prati sono trasportate al laboratorio d’essiccazione entro massimo 3 ore, in modo da evitare il surriscaldamento e le fermentazioni delle foglie o dei fiori provocate dalla giacenza nelle ceste di raccolta.
Ultimato il lavoro di raccolta all’aperto, i prodotti sono trasferiti nel mio laboratorio, uno stanzone piastrellato con all’interno una camera ermetica con pareti in vetro dedicata all’essiccazione, dotata di potente deumidificatore.
Deposte sui tavoli le ceste, procedo con la cernita del prodotto raccolto: scarto le foglie rovinate, qualche filo d’erba intrufolato e qualche ragnetto o insetto smarrito che provvedo a liberare nel vicino prato. Nel caso della menta, per velocizzare l’essiccazione, eseguo la defogliazione. Infine depongo le piante o le foglie o i fiori sulle relle, rigorosamente distinti per varietà, in strati di massimo 2 cm. Generalmente le relle raggiungono la stanza d’essiccazione entro 4 ore dal raccolto.
L’azione del deumidificatore consente di effettuare il ciclo d’essiccazione tra le 24 e le 72 ore, tempo variabile a seconda della varietà della pianta trattata, ovvero del tasso di umidità che la caratterizza. Ad esempio per le foglie di menta sono sufficienti 24 ore, mentre i fiori di achillea richiedono fino a 72 ore. Completato il ciclo di essiccazione, il prodotto è riposto in sacchetti di carta e sottoposto a congelazione a – 18° per almeno 36 ore, per garantirne la completa sanitificazione.
Non uso alcun additivo per accelerare la fase di essiccazione, ne per esaltarne l’aroma o la conservazione del colore.
La cernita del prodotto e la sua essiccazione sono dette operazioni di prima trasformazione, ma nel mio caso possiamo dire unica trasformazione, in quanto il prodotto non è sottoposto ad altri trattamenti o manipolazioni se non il confezionamento finale.
Per garantirne la massima integrità nel tempo e prevenire tutti gli aspetti critici della giacenza del prodotto essiccato, presto la massima attenzione a tutti i passaggi della conservazione.
A questo proposito mi sono rivolta al dott. Alessandro Bacci, responsabile Ricerca e Sviluppo di Medicair Food, con il quale abbiamo analizzato e messo a punto i passaggi per la conservazione ottimale del prodotto, da quando viene essiccato fino al momento del mescolamento delle tre varietà durante il confezionamento finale.
Sono state condotte una serie di analisi di campioni del mio prodotto per stabilire l’umidità ideale, la miscela di gas più adeguata e le buste di conservazione più idonee. Le sperimentazioni sono state effettuate nel laboratorio dell’Atelier Alimentare di Medicair Food a Vigonza, vicino a Padova, dotato di tecnologie all’avanguardia nel campo di shelf-life e food solution in genere.
La sequenza dei passaggi testati e approvati per la conservazione di PRA’ DE L’AIA prevedono il trasferimento del prodotto essiccato e abbattuto in buste che ne contengono circa 300g. Le buste sono sigillate in atmosfera protetta satura di gas argon puro certificato per uso alimentare, utilizzando una confezionatrice per sottovuoto di tipo “a campana”, caratterizzata dall’innovativa tecnologia Power-steel per creare il vuoto perfetto.
Le buste scelte per la conservazione, create appositamente per il confezionamento in atmosfera protetta, sono realizzate con polimeri della migliore qualità per alimenti, e composte da doppio film PA/PE 20/70 ad alta impermeabilità all’ossigeno, azoto e anidride carbonica.
Lo stoccaggio delle buste sigillate avviene in scatole di cartone, al riparo dalla luce, in attesa del confezionamento finale.
Al momento della preparazione delle confezioni finali, le buste di stoccaggio distinte per varietà sono svuotate in ampie vasche per l’ultimo controllo visivo del prodotto e l’eventuale scarto di foglie e fiori non conformi.
Terminata l’operazione, miscelo con cura le tre componenti dell’infuso in un’unica vasca e inizio il confezionamento finale.
Riempio ogni busta con 8 grammi di foglie di menta, 7 grammi di fiori achillea e 1 grammo di fiori di monarda.
Le buste scelte per il confezionamento sono realizzate in cellulosa di ultima generazione, priva di cloruro di polivinile, bisfenolo A e ftalati comunemente usati negli involucri per alimenti. Sono riciclabili e sopratutto compostabili.
Le buste sono sigillate in atmosfera protetta con addizione di gas argon. L’operazione avviene con una confezionatrice per sottovuoto tipo “a campana”. A questo punto le buste sono pronte per la spedizione.
Le attenzioni dedicate al confezionamento sono finalizzate alla migliore shelf-life delle miscele. Gli studi condotti dal dott. Bacci garantiscono che i trattamenti eseguiti assicurano la massima conservazione dell’originario bouquet di aromi, profumi e principi officinali per almeno 24 mesi, ma ho deciso di limitare a un anno la data per il consumo ottimale.
Una scelta dettata dalla coerenza con le stagionalità che scandiscono il mio lavoro: 12 mesi sono il tempo che la natura impiega a regalarmi piante e fiori freschi per creare rinnovate miscele.
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Prà de l’Aia tornerà disponibile!